21 febbraio 2022
La lotta per ciò che conta
Carolyne dice che l’impatto del proprio lavoro sulle vite di giovani donne e ragazze nella sua comunità la motiva ogni giorno.
«Ciò che amo del mio lavoro è che mi permette di cambiare le vite. Non posso cambiarle tutte ma ne posso trasformare alcune», dichiara.
Carolyne non ha un solo lavoro nella sua comunità – ne svolge ben quattro.
Lavora come supporter comunitaria nella cura degli adolescenti offrendo assistenza a giovani donne affette da HIV, compreso per il controllo dell’adesione al trattamento antiretrovirale (ARV). È un’assistente legale formata per individuare e gestire i casi di violenza di genere. È una facilitatrice di «know your rights», organizzando gruppi giovanili affinché tutti comprendano i propri diritti e sappiano come difenderli, ed è una mentore che offre sostegno e consiglio su base individuale.
Carolyne: la lotta per ciò che conta
La sua grande energia e il suo calore sono contagiosi. È eloquente, appassionata e molto competente in ciò che fa.
«Quando rientro a casa a fine giornata mi sento esausta, questo è sicuro. Ma mi sento anche in pace», afferma.
Carolyne è uno dei 400 educatori tra pari che partecipano a un programma supportato dal Global Fund finalizzato a raggiungere ragazze adolescenti e giovani donne tramite la prevenzione, il trattamento e la cura dell’HIV. Alle ragazze vengono spiegati anche i loro diritti e come proteggerli, e vengono loro forniti canali sicuri a cui riferire i casi di violenza di genere.
Nonostante rappresentino solo il 10% della popolazione, oltre il 25% delle infezioni da HIV nell’Africa subsahariana riguarda le adolescenti.
Da adolescente, Carolyne stessa ha vissuto il panico e la paura di ricevere un risultato positivo al test dell’HIV. Aveva 17 anni quando scoprì di essere positiva e ammette di avere rifiutato tale condizione per anni. Fu quando rimase incinta che iniziò ad assumere i farmaci per proteggere se stessa e il proprio bambino.
«Non stavo prendendo le medicine. Decisi – Ok, lo faccio solo per questo bambino. È stato il mio punto di svolta e ho iniziato a seguire la terapia.»
Carolyne ha dato alla luce un bambino sano che ha chiamato Phillip, come suo padre. Sostiene che sia stato lui a incoraggiarla a diventare educatrice tra pari nella propria comunità e che si sia rivelato una fonte costante di amore e sostegno – anche nei momenti più difficili.
«Mio papà è il mio migliore amico. Gli voglio un bene enorme. Non si è mai arreso con me. È così speciale, è qualcosa che non posso esprimere a parole», confessa.
Quando il COVID-19 ha colpito la comunità di Carolyne gli assembramenti pubblici, inclusi i gruppi di supporto per adolescenti, sono stati sospesi. Le scuole sono rimaste chiuse per un anno, c’è stato il coprifuoco e molte persone evitavano di recarsi nelle strutture sanitarie per timore di contrarre il nuovo virus.
Complessivamente, le misure di lockdown e la chiusura delle scuole hanno avuto un forte impatto sulla vita di adolescenti e giovani donne, che hanno visto aumentare il rischio di violenza domestica e di genere, stando lontano dalla scuola e confinate nelle loro case.
Il COVID-19 ha comportato molte nuove sfide per Carolyne e le sue colleghe ma la rete di educatori tra pari è stata in grado di adattarsi velocemente per continuare a fornire i servizi essenziali. Tra di essi rientravano visite porta a porta in cui Carolyne provvedeva alla consegna di farmaci antiretrovirali alle giovani e ai giovani in difficoltà con i trattamenti o non in grado di raggiungere le strutture sanitarie, la fornitura di sostegno, consulenza e visite di controllo, nonché la gestione di sospetti casi di violenza.
«È cambiato il mio modo di lavorare. Gli spostamenti erano limitati, pertanto in un giorno facevamo visita a due o tre persone. Avevamo anche paura di contrarre noi stessi il COVID-19», racconta.
Nonostante queste difficoltà, Carolyne ha continuato il suo importantissimo lavoro per tutta la durata della pandemia.
I fondi del Meccanismo di Risposta al COVID-19 del Global Fund hanno consentito di supportare il lavoro degli educatori tra pari aiutando le persone vittime di violenza, mettendole in contatto con avvocati per ottenere una consulenza legale gratuita, creando consapevolezza sulle misure di contenimento del COVID-19 e fornendo ulteriori servizi essenziali di consulenza sanitaria.
Oggi Carolyne sostiene di essere una persona molto diversa rispetto alla ragazza diciassettenne che rifiutava la positività all’HIV e, in qualche modo, attribuisce il proprio successo professionale anche al fatto di essere positiva all’HIV.
«Se fossi stata negativa, non penso che avrei potuto realizzare quello che ho ottenuto adesso. Ora mi ritengo più serena. Sono più istruita», afferma.
Carolyne è molto fiera del piccolo Phillip e spera che un radioso futuro attenda lei e la sua famiglia. Inoltre, sta tuttora continuando ad aiutare altre giovani donne della sua comunità.
«Se racconto la mia storia, una persona di 17 anni la ascolterà e lui o lei riuscirà a superare l’auto-stigma che io stessa avevo. Riusciranno a vivere una vita normale. Potranno mettere al mondo un bambino negativo. Potranno scoprire l’amore e il sostegno della loro famiglia vivendo una vita serena.»
Si stima che, entro il 2024, 20'000 ragazze adolescenti e giovani donne saranno raggiunte attraverso il vitale lavoro di Carolyne e delle centinaia di altri educatori tra pari sostenuti dagli investimenti del Global Fund in cinque contee del Kenya.
NOTE A PIÈ DI PAGINA
Scritto da Melanie Sharpe. Fotografia: Il Global Fund/Saiba Sehmi. Si ringraziano la Società Keniota della Croce Rossa e il Catholic Medical Mission Board.
Siaya, Kenya