Il nostro obiettivo non è gestire la pandemia di AIDS. È porvi fine – e permettere a una nuova generazione di crescere e prosperare senza la sua minaccia.
14 ottobre 2025
Di Peter Sands, Direttore esecutivo del Global Fund per la lotta contro AIDS, tubercolosi e malaria
Ci troviamo di fronte a una possibilità straordinaria: porre fine alla pandemia di AIDS, debellare l’HIV quale minaccia alla salute pubblica. Negli ultimi decenni, oltre 40 milioni di persone sono morte di AIDS e altri 39 milioni vivono con l’HIV. Ma ora potremmo assistere alla prima generazione di bambini che possono crescere liberi dalla minaccia di un’infezione da HIV. Si tratterebbe di una svolta storica.

La scienza rende questo obiettivo raggiungibile. I dati sono inconfutabili. Rimane da vedere se avremo il coraggio di cogliere quest’opportunità.
Oggi, ogni giorno le malattie legate all’AIDS uccidono ancora un numero di persone equivalente ai passeggeri di due jumbo jet – 630'000 decessi soltanto nel 2023. Nello stesso anno sono state registrate 1,3 milioni di nuove infezioni da HIV. Non si tratta di mere statistiche ma di bambini, genitori, amici e vicini di casa.
Nonostante gli enormi progressi compiuti contro l’HIV, con una diminuzione dei decessi del 73% dal 2002 nei Paesi in cui il Global Fund investe, sussiste un rischio reale di autocompiacimento e incrementalismo. Ci siamo forse abituati a trattare l’HIV e l’AIDS come malattie croniche da contenere, anziché come una crisi a cui porre fine. Tuttavia, le epidemie non finiscono quando smettiamo di prestarvi attenzione. Finiscono quando guardiamo in faccia realtà scomode, sosteniamo ciò che funziona e rifiutiamo ogni risultato che non sia il pieno successo.
L’errore più palese sta nella prevenzione. Nonostante gli enormi progressi compiuti nell’accesso ai trattamenti — oggi garantito per quasi 30 milioni di persone — la prevenzione dell’HIV rimane stabile. Non è sufficiente, soprattutto per le ragazze adolescenti e le giovani donne nell’Africa subsahariana – che rappresentano i tre quarti delle nuove infezioni nella loro fascia d’età. Non si può porre fine alle epidemie senza bloccarne la trasmissione.
Ecco perché l’avvento della profilassi pre-esposizione (PrEP) a lunga durata è così importante. Il Lenacapavir, un farmaco per la prevenzione dell’HIV iniettabile due volte all’anno, può rappresentare la svolta – non solo per i singoli individui ma anche per la salute pubblica. Per le giovani donne che devono affrontare lo stigma sociale dell’assunzione quotidiana di farmaci o per le popolazioni chiave che vivono sotto la minaccia della criminalizzazione, il Lenacapavir offre discrezione, durevolezza e dignità.
Il 9 luglio 2025, il Global Fund ha annunciato un accordo con Gilead, l’azienda produttrice del Lenacapavir, per garantire un accesso sostenibile a questa rivoluzionaria innovazione nei Paesi a basso e medio reddito. In collaborazione con i nostri partner puntiamo a rendere disponibile il Lenacapavir a 2 milioni di persone nei prossimi tre anni. Il Global Fund sta già collaborando con Paesi, comunità e partner per preparare un lancio rapido ed equo – fornendo assistenza sui piani dell’allineamento normativo, dell’infrastruttura per la fornitura e dell’impegno comunitario.
Ciò nonostante, le innovazioni biomediche come il Lenacapavir fanno la differenza soltanto se raggiungono le persone che possono trarne il beneficio maggiore. Poiché il 70% delle nuove infezioni da HIV si verifica tra le popolazioni chiave e i rispettivi partner sessuali, ciò significa abbattere gli ostacoli all’accesso che queste comunità si trovano spesso ad affrontare. Senza un’azione su stigma sociale, discriminazione e criminalizzazione non riusciremo a sfruttare appieno il potenziale del Lenacapavir.
È fondamentale responsabilizzare le comunità affinché assumano un ruolo guida nella prevenzione dell’HIV: dove la gestione spetta alle comunità, i risultati migliorano; dove vengono emarginate, le infezioni aumentano. Ecco perché il Global Fund canalizza la maggior parte degli investimenti nella prevenzione dell’HIV – circa un terzo della nostra spesa totale per l’HIV – verso le reti della società civile in grado di raggiungere le persone più a rischio.
Ridurre il numero delle nuove infezioni è cruciale anche per assicurare la sostenibilità a lungo termine della lotta contro l’HIV. I Paesi devono accelerare lo sviluppo di meccanismi di risposta all’HIV gestiti e finanziati a livello nazionale, eliminando la dipendenza da un supporto esterno. Tuttavia, questa transizione rappresenta un percorso, non un cambiamento improvviso. Una transizione troppo repentina vanificherebbe i progressi, trascurerebbe le persone e costerebbe milioni di vite. Più il tasso delle nuove infezioni è basso e più il percorso verso l’autonomia dei Paesi diventa rapido e gestibile. Assumersi la responsabilità per un problema sanitario di lunga durata ma in progressiva diminuzione rappresenta una sfida molto più gestibile rispetto al dover affrontare un problema ancora in rapida crescita.
Ecco perché consideriamo il Lenacapavir parte integrante della nostra strategia di sostenibilità e transizione. Ed ecco perché il Global Fund aiuta i Paesi a creare sistemi in grado di funzionare anche al di là del nostro sostegno – come un’erogazione integrata dei servizi, robuste catene di approvvigionamento sanitario, la disponibilità di personale sanitario e sistemi di dati digitali.
Ridurre i finanziamenti per la prevenzione prolungherebbe la pandemia di AIDS e costerebbe molte vite in più. Inoltre ritarderebbe la transizione verso l’indipendenza dai finanziamenti esterni. Porre fine all’AIDS è uno degli obiettivi più realizzabili ed economicamente efficienti nella sanità globale. Per ogni dollaro investito nella prevenzione dell’HIV, se ne risparmiano 7 [ Scarica عربي | 中文 | Deutsch | English | Español | Français | Italiano | 日本語 | 한국어 | Português ] in successivi trattamenti e cure. Possiamo scegliere se pagare ora per porre fine all’epidemia oppure pagare costi umani ed economici per i decenni a venire.
Non si tratta di una semplice sfida tecnica – ma di un banco di prova dei nostri valori. Crediamo che una ragazza nata in un’area rurale del Malawi abbia lo stesso diritto di vivere senza la minaccia dell’HIV di una ragazza nata a Manchester o Minneapolis? Crediamo che l’accesso ai servizi salvavita non debba dipendere da chi siamo, da chi amiamo o da dove viviamo?
La prima generazione senza AIDS non è un sogno. È una scelta. Ma è una scelta che richiede un’azione immediata, chiara e coraggiosa – non il prossimo anno ma adesso. La storia non ricorderà con quanta efficienza abbiamo gestito l’AIDS. Ricorderà se vi abbiamo posto fine.